Mastro Bartolomeo ScappiDelle circostanze necessarie al Mastro Cuoco

Bisogna adunque che un prudente e sufficiente m. Cuoco, per quanto dalla lunga esperienza in molto tempo io ho compreso, volendo avere buon principio, miglior mezzo e ottimo fine, e sempre onore della sua opera, faccia come un giudizioso Architetto. Il quale dopo il suo giusto disegno, stabilisce un forte fondamento, e sopra quello dona al mondo utili e meravigliosi edifici; il disegno del Cuoco ha da essere il bello e sicuro ordine, causato dall'esperienze
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Vincenzo Corrado Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, nacque a Piadena, un paese vicino a Cremona chiamato in latino Platina nel 1421.

Della sua giovinezza si conosce poco: intraprese la carriera delle armi militando al servizio diFrancesco Sforza e Niccolò Piccinino come mercenario, ma presto si trasferì a Mantova per avviarsi agli studi umanistici.

Il suo lavoro principale resta un breve trattato, il “De honesta voluptate et valetudine”, Composto per lo egregio Maestro Martino, “Cuoqo olim del reverendissimo Monsignor Camorlengo et patriarca de Aquileia, al secolo cardinal Ludovico Trevisan, “ricco e mondano cardinale”, soprannominato “carduinal Lucullo”, che dava “ feste licenziose e banchetti più splendidi di quelli consoni al suo rango”

Il “De honesta voluptate et valetudine”, fu stampato per la prima volta a Roma da Han, con molta probabilità nel 1474, anonimo e senza note tipografiche.

L’opera ebbe da subito un grande successo e fu ristampata a Venezia nel giugno del 1475 da Laurentius de Aquila e Sybillinus Umber

in quella che è considerata come la prima edizione datata (Platine de honesta voluptate et valetudine, Venetiis: Laurentius de Aquila, 1475) con indicazione di autore e note tipografiche.

Seguirono numerose altre stampe fino agli inizi del Cinquecento, sia dell’originale versione latina, sia della traduzione volgare, che apparve per la prima volta a Venezia presso i torchi di Girolamo de Sanctis nel 1487.

In quest'opera, il Platina trascrive in latino tutte le ricette - originariamente scritte in lingua volgare - di Maestro Martino, il più celebre cuoco del XV secolo, autore a sua volta di un Libro "De arte coquinaria", di cui il Platina loda l'inventiva, il talento, la cultura.

Platina nel comporre il suo lavoro, oltre a tradurre parti del libro del capocuoco Martino in latino classico, inquadrò le ricette in un contesto medico-filosofico, soffermandosi sul ruolo che ciascuna vivanda poteva avere nel sistema culinario dal punto di vista dietetico e conviviale. La sua attenzione si concentrò soprattutto sui prodotti, fornendo anche numerosi riferimenti alle realtà locali.

Le ricette sono ordinate secondo criteri logici, in base agli ingredienti o all'ordine delle portate, ben spiegate, spesso anche nelle quantità e nei passaggi tecnici più importanti; si racconta degli strumenti da utilizzare e spesso dei tempi di cottura e degli ingredienti alternativi che si possono utilizzare.

Dal punto di vista storico è interessante notare come, a causa del modificarsi dello scacchiere politico nel mediterraneo, la penuria di spezie, ingrediente tipico e ricercato della cucina medioevale, lasci il posto a nuove e più moderne soluzioni; molto spazio è dato ai piatti vegetariani, decisamente inconsueti per l'epoca.

Il De honesta voluptate et valetudine costituisce una preziosissima fonte di notizie sulla vita quotidiana e la cucina italiana del Quattrocento: dai suggerimenti per fare sport all’importanza della scelta del cuoco, dal come preparare la tavola all’ora ideale per mangiare, dai metodi migliori di cottura di ciascun alimento alla coltivazione e classificazione delle piante.

Il Platina morì a Roma nel 1481.

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